Creste di Meduna

Dalla vetta del M. Burlatòn le Creste di Meduna nella loro sinuosa interezza (foto di Tommo Maruzzella).

Il M. Burlatòn (2121 m) nel gruppo Caserine-Cornaget è stato salito per la prima volta da Angelo Coppadoro, socio della Società Alpina Friulana, negli ultimi anni dell'ottocento, periodo durante il quale ferveva una grande attività esplorativa condotta più da scienziati e studiosi che da alpinisti. A fare da guida a Coppadoro, probabilmente le guide clautane che condussero l'esimio cliente su per il Rio del Clapòn, il casòn Burlat e poco prima di raggiungere Forcella Pierasfezza, girarono a occidente andando a prendere un lungo crinale erboso che li portò sulla quota 2077 e poi per cresta in vetta. Non scesero su Forca dal Cuèl poiché il passaggio da quel lato veniva giudicato impossibile. Ci pensò Lothar Patèra, alpinista smaliziato a salire il Burlatòn da Forca dal Cuèl, vincendo il ripido canalino sotto la cima, oggi classificato di secondo grado.

Il canalino Patèra.

Il mio desiderio era traversare il Burlatòn salendo la via di Patèra e scendendo per quella di Coppadoro. Siccome l'appetito vien mangiando, ho pure pensato di proseguire oltre Forcella Pierasfezza e salire Cima Leadicia (1898 m) per continuare ancora verso oriente e calcare le restanti dieci cime della cresta detta Cuesta Brusada, orlo sommitale della vasta parete Sud di Leadicia. Tutte queste creste, in massima parte erbose hanno la caratteristica che in entrambi i versanti spiovono nel Meduna. Per tale motivo, con i miei compagni di viaggio, si è pensato di nominare questa dorsale Creste di Meduna.

La Cima Leadicia e la successione di punte della Cuesta Brusada.

La Cima Leadicia è il massimo per chi cerca ambienti solitari, selvaggi, avventurosi e non ha paura della fatica; da qualunque punto lasci l'automobile non raggiungi la vetta in meno di 6 ore, che per una montagna di neanche 2000 metri è certamente un bel record. Sempre che si conoscano i sentieri d'approccio, che un tempo esistevano ed erano utilizzati e che ora son solo labili tracce interrotte da schianti e franamenti. Un tempo si andava dappertutto con vacche e pecore, anche sui pascoli pensili della Cuesta Brusada, passando per il Tàmer di Leadicia e la Claupa da lis Chiares (l'antro delle capre) che veniva utilizzato come ricovero. Gli antri sono serviti anche in tempi relativamente recenti e non è raro trovarvi qualche utensile o la caldiera per la polenta. Si tratta del periodo tra gli anni 30 e 50 del novecento, quando l'alto bacino del Meduna fu oggetto di un grande taglio boschivo di legna da ardere e da costruzione. Nei periodi di più intenso lavoro erano in loco fino a 200 operai che soggiornavano in casoni di legno nei pressi di casera Chiarpin; si era allestita una linea di teleferica di tipo Valtellina lunga 12 chilometri e numerose linee laterali con filo a sbalzo.

Casera Chiarpin (foto di Tommo Maruzzella).

I boscaioli che operavano nei versanti più alti, per non perdere tempo a salire e scendere (lavoravano a cottimo) si fermavano nelle claupe, migliorandole e portandovi suppellettili, anche delle reti e materassi. Sempre nell'ottica di perdere meno tempo possibile, pagavano dei bambini (10/12 anni) che portassero loro acqua e viveri. Bepi era uno di quei bambini e adesso che ha più di ottant'anni mi parla di quei posti e con le sue indicazioni sono stato nei luoghi più reconditi, trovato accesso a forre, forcelle, riscoperto antichi sentieri. Quando lo vado a trovare mi chiede sempre, per prima cosa, se ho scoperto il suo passaggio tra il Tàmer di Leadicia e il bosco Sot Cengla. Nel punto che dice lui c'era un larice che era cresciuto rasentando le pareti e la punta le superava. Bepi abbrancava la cima del larice e scendeva. In seguito un fulmine colpì il larice privando il passaggio di una scala naturale. Allora Bepi si portò su un vecchio canapo e con questo scese. Lo lasciò legato lassù nel caso gli servisse ancora e mi dice sempre che passando sotto le pareti di Sot Cengla è impossibile non vederlo. Tre volte sono salito a cercare quella fune. Tornerò ancora, per Bepi, per tutti quelli che hanno vissuto e faticato su quelle montagne; quando cammino da solo dentro quella valle mi pare di averli tutti intorno che viaggiano con me. Io, la loro memoria.

Traversata integrale delle Creste di Meduna 16 e 17 Giugno 2017. La compagnia in Forcella Pierasfezza. Da Sinistra: Alberto Bracciodiferro, Claudio Segaossi, Mitch Capomastro, Ongo il Nocchiero, Tommo Maruzzella.

La cima centrale della cresta del Burlatòn come una vela aperta sul mare della pianura friulana (foto di Tommo Maruzzella).

Dalla quota 2077 (Cima Ettore) le creste di Meduna proseguono formando una grande zeta (foto di Tommo Maruzzella).

Arrampicata su erba.

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